Nel discorso rivolto il 6/5/1983 all'Assemblea plenaria della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari, Giovanni Paolo II ha esaltato la “novità del dono” della secolarità consacrata come una “irruzione di grazia” nella Chiesa e nel mondo (1).
  Sarà bene rilevare che questa “novità” di grazia non è sgorgata all'improvviso dal seno della Chiesa. È impensabile che un particolare carisma emerga subitaneamente allo stato puro, con le qualifiche che ne manifestano la specifica fecondità. Sorge per lo più come “un gemito dello Spirito Santo” (Rom. 8, 26), che sotto l'azione dello Spirito, con la risposta degli uomini ai disegni di Dio, la testimonianza profetica di uomini di Dio che cercano di calare il carisma nella vita propria e della Chiesa, nonostante incomprensioni e opposizioni che ne purificano la natura attraverso il crogiolo della croce, ad un certo momento riceve il sigillo dell'autenticità da parte della Chiesa, maestra e madre di santità.
  Il fatto che nei secoli I–III le vergini consacrate (e varie specie di asceti) rimanessero nelle loro case, continuando le loro normali occupazioni, ha un significato per quanto riguarda il rapporto tra consacrazione e “essere nel mondo”; per lo meno indica che la continuità fisica con la vita comune di tutti non ostacola la radicale donazione alla causa del Regno.
  Il monachesimo, esploso nel IV secolo come fatto profondamente influente su tutta la vita della Chiesa, è caratterizzato in modo rilevante dalla “fuga dal mondo” e dal “disprezzo del mondo”; anche se questo tema deve essere trattato con molta attenzione, senso della misura e delle sfumature. Certamente questa forma ha favorito l'idea che la consacrazione comportasse anche separazioni della storia comune degli uomini e delle donne.
  Una esperienza molto interessante è quella degli ordini cavallereschi (secc. XII-XIII), i quali uniscono in una tipologia nuova due figure di cristiano, prima ben separate: quella del monaco e quella del soldato, trasformando la militia saecularis in una militia Christi (crociate).
  Si assiste in seguito, da parte di alcuni ordini e congregazioni religiose (francescani, gesuiti, salesiani), ad una "demonastizzazione" delle strutture religiose, con una progressiva più viva sensibilità per i problemi che si pongono fuori dai conventi (2).
  Nei secoli XVII – XVIII, alcuni tentativi di anime apostolicamente intraprendenti di andare oltre i rigidi quadri degli ordini e congregazioni religiose per vivere i consigli evangelici più a contatto con le realtà secolari, sono stati fortemente osteggiati e talvolta repressi da autorità ecclesiastiche. Come ha scritto Georges Bernanos, “si riforma la Chiesa, soffrendo per lei; si riforma la Chiesa visibile, soffrendo per la Chiesa invisibile”.
  Già prima, però, intorno al 1530, a Brescia, S. Angela Merici fonda con voti una compagnia di vergini nel secolo, per destinarle, senza vincoli comunitari, al servizio soprattutto della gioventù abbandonata. Una istituzione che può essere ritenuta una anticipazione della consacrazione secolare. Due secoli più tardi, in Francia, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, Padre P. J. Picot de Clorivière fonda due società: la Società del Cuore di Gesù per sacerdoti, e quella delle Figlie del Cuore di Maria per donne: entrambe con voti senza vincoli di vita comune.
  L'idea viene ripresa e portata avanti dalla metà del secolo XIX con pochi appoggi e molte resistenze da parte degli ambienti della Curia romana. Uno dei pionieri e profeti del riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa del carisma della consacrazione, “in saeculo et veluti ex saeculo”, è stato certamente il grande convertito Padre Agostino Gemelli, del quale si dirà nel capitolo seguente. Con la costituzione apostolica “Provida mater Ecclesia” del 2 Febbraio 1947, Pio XII ha conferito alla consacrazione secolare il battesimo della ecclesialità(3).
 
1. Gli Istituti Secolari, CMIS pag. 58
2. C. Truzzi, La secolarità degli Istituti Secolari in (a cura di A. Mazzarore) Preti nel mondo per il mondo, OR 1983, pag. 95
3. Gli Istituti, CMIS 1990 pag. 180 ss