Carissimi fratelli e amici,
il grande papa san Paolo VI nella Evangeliinuntiandiscrive: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (n. 41), mettendo in evidenza come qualsiasi messaggio si voglia portare al mondo non è credibile se chi lo porta non è impegnato ad incarnarlo egli stesso per primo. Nell’omeliatenuta ad Aparecida (13.05.2007), Benedetto XVI ebbe a dire: «La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione», concetto sposato ampiamente da papa Francesco in molti suoi interventi, nei quali parla dell’evangelizzazione che si propaga come una forma di “contagio”. Si tratta di un magistero illuminato, avvalorato dalla continuità pur nella successione dei Pontefici, un magistero che conquista e che convince. Effettivamente essere testimoni credibili è la via preferenziale dell’evangelizzazione nel mondo attuale.
Il tema ci interpella, perché la nostra vocazione che comporta la scelta della vita consacrata implica, come dicono le Costituzioni, che alla radice vi sia l’impegno “evidente” della ricerca della perfezione nella vita e nel ministero; e perché viviamo in un contesto culturale dominato dall’idolo delle apparenze e segnato da una grande frammentarietà della vita, alla quale anche noi potremmo non sfuggire se non poniamo la dovuta attenzione. La coerenza e l’autenticità della vita sono quindi il terreno sul quale ci giochiamo la fedeltà alla vocazione, che poi è fedeltà al Vangelo, e l’efficacia del nostro apostolato.
Sono sicuro che su queste affermazioni ci troviamo unanimemente concordi, se non altro perché da sempre ci riflettiamo all’interno del nostro Istituto. Non vorrei però che i nostri comportamenti reali inclinassero verso orientamenti di tipo diverso. Per intenderci faccio qualche esempio: se io mi faccio paladino del dialogo e dell’accoglienza degli altri, ma poi conservo risentimento verso chi la pensa diversamente da me o mi osteggia e magari all’occasione buona gliela faccio pagare, qui siamo dinanzi ad una vita deviata e incoerente che fa male prima a me stesso e genera scandalo negli altri; se mi riempio la bocca di termini come sinodalità, ma poi all’atto pratico sono un accentratoreimpenitente e faccio dipendere tutto dal mio volere (forse perfino dai miei gusti, che di per sé sono sempre opinabili), qui c’è una contro-testimonianza che mortifica in generale la figura del prete e annulla l’efficacia dell’azione pastorale. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, soprattutto sul piano di quella che oggi viene chiamata “autoreferenzialità”: stare sempre in primo piano, come se il mondo ruotasse intorno a me e in funzione di me (e a questo offrono buona spalla i “social”!); a nessuno sfugge il netto contrasto tra questo modo di presentarsi e la figura evangelica di Colei che poté dire:«ha guardato all’umiltà della sua serva».
Per la cura della coerenza di vita avevo un tempo offerto un suggerimento che temo sia caduto nel vuoto, ma che mi sembra resti uno strumento di grande efficacia spirituale, pari al diario spirituale che un tempo ha forgiato grandi stature di santi, ed è la proposta della regola di vita. Qualcuno ha avuto forse paura di doversi misurare con un esercizio di tipo ascetico-letterario, immaginando delle formule stringenti di tipo monastico, dentro le quali costringere la propria quotidianità.Invece si trattava di determinare un percorso, tenendo conto della propria realtà personale, per dare concretezza ai valori di cui siamo portatori e avere anche un riferimento per verificare se effettivamente quel percorso lo si sta compiendo o rimane solo un’intenzione incapace di “farsi carne”. A mio giudizio la regola di vita personale resta un ottimo strumento per evitare la mediocrità, svuotando di contenuto l’impegno della vita consacrata. Per questo mi permetto di rilanciarla.
Ad ogni modo, la testimonianza di una vita coerente è per noi dovere di stato e, considerato il rischio imperversante di lasciarsi fagocitare dalla mentalità mondana, è necessario che esercitiamo un’attenta vigilanza a proposito e che con carità fraterna ci aiutiamo reciprocamente a tenere alta la tensione alla perfezione evangelica. Una tale presenza nel presbiterio e nella vita pastorale non può passare inosservata e soprattutto non può mancare di portare grandi frutti.
Esortando tutti a prendere in seria considerazione l’esigenza qui prospettata, auspico che il Signore ricolmi ciascuno di voi della sua pace e della sua gioia.
don Giuliano
Świadkowie spójni i wiarygodni
lettera-presidente-2023-2-polacco.doc
ETRE DES TÉMOINS COHÉRENTS ET CRÉDIBLES